Abstract
Riassunto
L’attuale normativa italiana ed europea relativa alla messa a disposizione sul mercato di prodotti fertilizzanti sancisce di fatto la possibilità, nell’ambito dei cosiddetti “biostimolanti microbici”, di utilizzare consorzi microbici esotici di funghi e batteri non prevedendone un espresso divieto né, tantomeno, l’obbligo di utilizzare ceppi fungini autoctoni. Le ricadute prevedibili, in termini ecologici connessi all’introduzione di biostimolanti microbici esotici, riguardano la riduzione della biodiversità dei funghi micorrizici locali a causa dell’introduzione di ceppi antagonisti alieni che possono alterare la biodiversità micorrizica arbuscolare dei nostri suoli. Vi sono, inoltre, ricadute non prevedibili perché le conoscenze microbiologiche sono ancora limitate a causa dell’impossibilità di crescere in coltura pura i funghi micorrizici arbuscolari. Inoltre, sussiste una difficoltà di tracciamento dovuta in gran parte alle diverse controversie tassonomiche che scaturiscono dai pochi caratteri morfologici a disposizione per l’identificazione di una specie e dalla mancanza di un consolidato e universalmente accettato sistema di identificazione e analisi filogenetica basato sulle caratteristiche molecolari. La discussione scientifica ha portato molti scienziati a considerare di rivalutare quale debba essere il concetto di specie per questo gruppo di funghi la cui riproduzione sessuale al momento non è nota. L’introduzione di ceppi di funghi arbuscolari micorrizici, quasi sempre esotici, mediante la somministrazione sotto forma di biostimolanti commerciali causa la concomitante trasmissione di microbiota batterico associato alla rizosfera e alle micorrize derivanti dalla produzione di “inoculo grezzo” mediante la pianta ospite. Ad colorandum, i funghi arbuscolari hanno la peculiare caratteristica di poter essere parte del microbioma delle piante ma di avere a loro volta un proprio microbioma a livello endocellulare. La caratterizzazione e il tracciamento dell’endomicrobioma micorrizico e dei FAM sono molto complesse e quindi le valutazioni non possono essere estese a grandi superfici di analisi del suolo. Risulta, pertanto, impraticabile poter stimare su vasta scala i danni dei biostimolanti microbici esotici sulla biodiversità micorrizica autoctona. La soluzione tecnica per limitare il rischio microbiologico e l’impatto sull’ambiente può trovarsi nell’utilizzo di biostimolanti microbici locali provenienti da una moltiplicazione in situ o, in alternativa, mediante una gestione delle tecniche colturali in campo mirate ad incrementare la ricchezza microbiologica micorrizica locale. Tuttavia, la comunità scientifica continua a prestare troppa poca attenzione a questa problematica e sono pochi gli studi scientifici a supporto in grado di valutare gli effetti dell’aggiunta di biostimolanti microbici esotici. È auspicabile che tutta la documentazione, attualmente disponibile e descritta per sommi capi in questo lavoro, sia spunto di dibattito ai tavoli tecnici e legislativi nella ricerca di una celere risoluzione del problema mediante idonee misure di intervento.
Abstract
The current Italian and European legislation relating to the availability on the market of fertilizing products establishes the possibility, in the context of the so-called “microbial biostimulants”, of using exotic microbial consortia of fungi and bacteria, without providing for a ban or an obligation to use strains native fungi. The foreseeable consequences in ecological terms connected to the introduction of exotic microbial biostimulants concern the reduction of the biodiversity of local mycorrhizal fungi due to the introduction of alien antagonistic strains that could alter the arbuscular mycorrhizal biodiversity of our soils. Furthermore, there are unpredictable consequences because microbiological knowledge is still limited due to the impossibility of growing arbuscular mycorrhizal fungi in pure culture. Moreover, the difficulty of tracing due largely to the various taxonomic controversies arising from the few morphological characters available for the identification of a species and the lack of a consolidated and universally accepted system of identification and phylogenetic analysis based on molecular characteristics. The scientific discussion has led many scientists to consider re-evaluating what the limits of the species’ concept should be for this group of fungi whose sexual reproduction is currently unknown. The introduction of strains of arbuscular mycorrhizal fungi, almost always exotic, through the administration in the form of commercial biostimulants causes the concomitant transmission of bacterial microbiota associated with the rhizosphere and mycorrhizae deriving from the production of “crude inoculum” by the host plant. Ad colorandum, arbuscular fungi have the peculiar characteristic of being able to be part of the microbiome of plants but in turn having their own microbiome at the endocellular level. The characterization and tracking of the mycorrhizal endomicrobiome and FAM are very complex and therefore assessments cannot be extended to large soil analysis surfaces. It is, therefore, impractical to be able to estimate on a large scale the damage of exotic microbial biostimulants on native mycorrhizal biodiversity. The technical solution to limit the microbiological risk and the impact on the environment can be based on the use of “local” microbial biostimulants coming from in situ multiplication or alternatively by the management of cultivation techniques in the field aimed at increasing the local mycorrhizal microbiological richness. However, the scientific community continues to pay too little attention to this issue and there are few supporting scientific studies capable of evaluating the effects of the addition of exotic microbial biostimulants. Hopefully all the documentary aspects, currently available and described in summary in this work, will be debated at the technical and legislative tables to address the resolution of the problem as soon as possible by preparing suitable intervention measures.