L’articolo del mese: il Rubroboletus satanas

L’articolo del mese: il Rubroboletus satanas

16 Settembre 2024 di A.M.E.R.

Rubroboletus satanas (Lenz) Kuan Zhao & Zhu L. Yang

Questa specie tipicamente termofila cresce in estate-autunno su suolo basico-calcareo, in boschi aperti e soleggiati costituiti prevalentemente da latifoglie (Quercus spp., in presenza di Corylus avellanea, Ostrya carpinifolia, Fagus sylvatica). Un tempo inserito nella sezione Luridi del genere Boletus, in seguito agli studi di filogenesi molecolare ha trovato collocazione nel genere Rubroboletus. Gli sporofori si presentano da grandi fino a massicci con portamento molto robusto. Il cappello dapprima emisferico poi convesso fino a pulvinato-spianato può raggiungere anche i 30 cm di diametro! La superficie si presenta opaca, asciutta, poi tendente a divenire glabra a completa maturazione, di colore inizialmente biancastra, beige-grigiastra, successivamente ocracea sempre più cupa, raramente soffusa di rosa molto pallido limitatamente al margine. I tubuli sono sottili e sempre più corti rispetto allo spessore della carne del cappello, giallo-pallido poi giallo-olivastri e infine bruno-olivastri per effetto della sporata; viranti al bluastro al taglio.

I pori da minutissimi a minuti sono semplici e tondi, da aranciati o rosso-aranciati, spesso rosso-carminio, si presentano più chiari verso il margine e a maturità i toni olivastri dovuti alla maturazione sporale tendono a soffocare la tinta rossastra; virano al blu alla pressione. La sporata è bruno-olivastra. Il gambo è tipicamente obeso, robusto, massiccio, pieno, in genere piuttosto tarchiato, ma anche mediamente slanciato e a maturità più corto del diametro pileico, talvolta addirittura bulboso ma attenuato all’estremità, con corto fittone radicante; presenta una distribuzione cromatica abbastanza tipica con l’apice di colore giallo, al di sotto progressivamente rosato quindi di un bel rosa intenso-fucsia, ma bianco-giallastro alla base; la superficie è finemente reticolata fino ai ¾ del gambo o anche oltre, con reticolo concolore a maglie tendenzialmente isodiametriche; virante all’azzurro alla pressione. La carne è compatta, soda, più tenera e spugnosa a maturità e infine molle, di colore giallastro pallido nel cappello e zona di connessione col gambo, biancastra altrove, talvolta rosa-brunastra all’estrema base. Al taglio vira all’azzurro ± intenso nel cappello e in maniera più tenue nella parte superiore del gambo, in particolare verso la zona periferica.

L’odore è molto complesso, pungente e dolciastro, con componente di carne putrefatta, escrementi o urina, ma anche di origano o di cicoria di caffè torrefatta sin dai giovani esemplari, tendente poi a intensificarsi con il progressivo sviluppo; gradevole fruttato alla base. Il sapore è mite.

Conosciuto popolarmente come “porcino malefico”, malgrado il suo epiteto evochi una giustificata pericolosità, non si tratta comunque di una specie potenzialmente mortale. Provoca in ogni caso, anche da cotto, una sindrome gastrointestinale a breve latenza piuttosto grave. Per questo motivo a livello di prevenzione si sconsiglia la raccolta e il consumo di boleti a pori rossi senza un’accurata determinazione da parte di un micologo.

Federica Costanzo